Il 70% delle specie italiane di pipistrello è considerata a rischio di estinzione, secondo quanto riporta la lista rossa dei vertebrati italiani, dove viene esaminato il rischio di estinzione delle specie presenti nel nostro Paese. Una specie è già estinta (il rinolofo di Blasi) e per 5 le conoscenze sono così scarse che non è possibile avere il polso dello stato di salute delle loro popolazioni. Numerose specie europee hanno infatti subito un forte declino di popolazione dagli anni ’60 ad oggi, a causa di fattori che spesso hanno agito insieme:
In passato era frequente l’uccisione degli animali all’interno dei rifugi, quando intere colonie di pipistrelli venivano sterminate, principalmente per paura o superstizione. Purtroppo, sporadici episodi accadono ancora oggi. Un grave problema resta il disturbo nei rifugi, che può avere conseguenze molto gravi, specialmente nei delicati periodi della riproduzione e dello svernamento. Le colonie riproduttive si formano all’interno di luoghi caldi e di solito indisturbati, come ad esempio sottotetti o grotte. Possono però capitare eventi come una ristrutturazione fatta con le tempistiche sbagliate, ripetute visite in grotta da parte di turisti o speleologi poco rispettose degli animali (bastano voce alta e luci forti), per creare un danno irreparabile. I pipistrelli partoriscono solitamente un solo piccolo all’anno e un disturbo in periodo riproduttivo può causare un danno molto elevato alla popolazione, portando alla morte di numerosi piccoli.
Per quanto riguarda le colonie di svernamento, un disturbo elevato può essere letale per i pipistrelli. Questi animali per sopravvivere al lungo inverno sfruttano il grasso accumulato durante la buona stagione. Se un pipistrello viene disturbato, tanto da volar via per andare a cercare un nuovo rifugio, utilizza il grasso utile a 40 giorni di letargo. Si capisce facilmente come un risveglio forzato possa condannare a morte per fame l’animale, che non riuscirà ad arrivare vivo alla primavera successiva.
Un danno difficile da valutare è quello causato dal massiccio uso di pesticidi, specialmente in agricoltura, e degli inquinanti in generale (soprattutto metalli pesanti). I pipistrelli vivono molto a lungo e sono all’apice della loro catena alimentare, nutrendosi di numerosi insetti. Nel corso della loro lunga vita accumulano così nell’organismo grandi quantità di pesticidi e metalli pesanti, che possono danneggiare gli organi interni e portare alla morte. Inoltre, il feto non è protetto dalla contaminazione con questi inquinanti, che vengono quindi trasmessi da madre a figlio.