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| 19 Gennaio 2017

L’orso: imparare a convivere

L’Orso sulle Alpi Centrali

10 domande per capire, 10 risposte per approfondire e imparare a convivere.
A cura dell’Associazione Teriologica Italiana (ATIt)

Con la collaborazione di: Filippo Zibordi (Responsabile Ufficio di Comunicazione ATIt che ha coordinato i lavori), Luciana Carotenuto e Daniela Damico (membri dell’Ufficio Comunicazione ATIt), Luca Pedrotti (Gruppo per la conservazione e la gestione dei grandi mammiferi dell’ATIt – GLAMM). Si ringraziano per le revisioni i membri del CD ATIt e i membri del GLAMM; Francesca Cagnacci.

1) Perché dobbiamo proteggere l’orso, con tutti i problemi che ci sono nel mondo?
Per tanti motivi.
Perché proteggendo l’orso proteggiamo l’ambiente in cui vive, le montagne, e quindi siamo noi stessi a trarne beneficio vivendo in un territorio non degradato, sano e funzionalmente integro.
Perché l’orso ha sempre fatto parte degli ecosistemi alpini, prima che noi ne provocassimo la quasi totale scomparsa mediante una massiccia persecuzione. Ne è dimostrazione la sua presenza stabile in Slovenia. Nonostante i cambiamenti operati dall’uomo nell’ultimo secolo, le nostre montagne sono ancora idonee a ospitare una popolazione vitale e stabile di orso, come ha dimostrato lo studio di fattibilità fatto prima dell’inizio del progetto di reintroduzione finanziato dalla comunità europea LIFE Ursus. Tutto sta nell’accettare la convivenza!
Perché il Trentino, le Alpi e l’Italia tutta hanno una responsabilità nella conservazione dell’orso nel territorio europeo. La salvaguardia dell’orso nelle Alpi è quindi una scelta collettiva che deve essere interpretata come il rispetto di un bene comune. L’importanza di questa specie per i cittadini europei è testimoniata dal suo inserimento tra le specie maggiormente protette dalle leggi e convenzioni nazionali, europee e internazionali.
Perché l’orso, come tutte le specie animali e vegetali, è frutto di milioni di anni di evoluzione e coevoluzione degli ecosistemi alpini, e la sua scomparsa può alterarne e comprometterne gli equilibri secolari.
E infine perché l’orso è un animale che ha con l’uomo un rapporto “stra-ordinario”. La sua immagine esiste da sempre nella cultura delle Alpi e oggi la sua presenza è in grado di appassionare e attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti di tutte le componenti dell’ecosistema, permettendo, in alcuni casi, l’adozione di politiche di gestione del territorio più attente ai temi ambientali.
2) Perché all’inizio degli anni duemila si è deciso reintrodurre l’orso in Trentino? Chi lo ha deciso?
La salvaguardia dell’orso trentino ha preso avvio negli anni 60 del secolo scorso con la nascita dell’Ordine di San Romedio e l’istituzione del Parco Naturale Adamello Brenta. A metà degli anni ’90, uno studio effettuato nell’arco alpino ha messo in evidenza che la protezione era arrivata troppo tardi, quando la popolazione era ormai costituita da solo 2-3 individui che non si riproducevano più da oltre un decennio e, quindi, destinati all’estinzione. Per questo il Parco Naturale Adamello Brenta e la Provincia di Trento hanno proposto di avviare un progetto di reintroduzione in collaborazione con ISPRA (allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), utilizzando orsi provenienti dalla Slovenia, geneticamente identici a quelli un tempo presenti sulle Alpi Centrali. Lo studio di fattibilità preventivo all’operazione ha verificato, attraverso un’indagine demoscopica, l’opinione degli abitanti del Trentino e di parte della Provincia di Bolzano e delle regioni Lombardia e Veneto da subito interessate al progetto. Più del 70% degli abitanti si sono dimostrati a favore del rilascio di orsi nell’area. Questa percentuale saliva fino all’80% di fronte all’assicurazione che sarebbero state prese misure di prevenzione dei danni e che se un orso si fosse dimostrato potenzialmente pericoloso per l’uomo sarebbe stato allontanato o rimosso. Il progetto è stato successivamente approvato dal Ministero dell’Ambiente ed è stato finanziato anche dall’Unione Europea. Prima di passare alla fase operativa, sono state infine coinvolte le province e le regioni confinanti per informarle dell’iniziativa e per avere la loro collaborazione e il loro consenso formale per l’avvio del progetto.
3) Sulle Alpi ci sono spazio e cibo a sufficienza per l’orso?
Prima di dare avvio al progetto di reintroduzione è stato importante poter rispondere a questa domanda per verificare che nelle Alpi Centrali, profondamente modificate dall’uomo, esistessero ancora condizioni tali da assicurare all’orso la sopravvivenza nel lungo periodo. Questa valutazione ha riguardato da subito un’area molto più estesa del territorio del Parco Naturale Adamello Brenta e superiore anche alla superficie dell’intera provincia di Trento, che ha compreso anche parte delle province di Bolzano, Sondrio, Brescia e Verona e ciò per essere sicuri che l’area potesse sostenere una popolazione vitale in grado di riprodursi e sopravvivere nel lungo periodo.
Dalle analisi e` emerso che nelle Alpi Centrali sono ancora presenti circa 2000 Kmq di ambienti idonei alla presenza dell’orso.
Una dimostrazione della grande capacità di quest’area di ospitare una popolazione vitale di orsi è l’esito delle reintroduzioni, che è andata oltre le aspettative minime: a partire dai 10 orsi sloveni rilasciati, la popolazione si è rapidamente sviluppata con tassi di crescita annuali tra il 14% e il 20%. La popolazione di orsi si è quindi accresciuta rapidamente in un ambiente idoneo, a dimostrazione che gli habitat delle Alpi centrali sono buoni per l’orso.
4) La coesistenza tra noi e l’orso sulle Alpi è possibile?
Questo è il fattore decisamente più importante e delicato per il futuro dell’orso sulle Alpi. La sua presenza stabile, in un’area così densamente antropizzata, solleva conflitti anche gravi con l’uomo. L’orso può infatti causare danni alle attività umane, in particolare alla zootecnia e all’apicoltura, incrinando la soglia di tolleranza nei suoi confronti. La disponibilità di spazio e cibo sono sufficienti per il mantenimento di una popolazione alpina di orso: tuttavia le Alpi sono densamente abitate dall’uomo ed esistono anche vasti territori in cui la presenza dell’orso si scontra con le attività umane. Spesso sono aree ricche di cibo “facile” e gli orsi meno timidi e spaventati dalla presenza umana imparano presto a frequentarle per alimentarsi. Questi orsi rappresentano un bassa percentuale dell’intera popolazione e su di essi si deve agire per mantenere alto il livello di elusività della popolazione nel suo complesso e ridurre pertanto i possibili danni e i conseguenti conflitti.
E` ancora possibile la coesistenza dell’uomo con questo grande carnivoro in una regione così densamente abitata? La risposta è legata a come vengono gestiti i conflitti che potranno nascere, ovvero come le amministrazioni saranno in grado di sostenere la prevenzione dei danni che l’orso potrà causare e un’efficace rifusione dei danni stessi. La coesistenza è tutta nelle nostre mani ed appare ovvio che senza l’appoggio degli abitanti delle Alpi, dei cacciatori, degli allevatori, degli agricoltori, delle associazioni, non sarà mai possibile conservare l’orso sulle Alpi, ma e` altrettanto ovvio che tale appoggio non può essere dato per scontato.
Il futuro dell’orso sulle Alpi dovrà necessariamente passare attraverso l’acquisizione di una maggiore sensibilità e “coscienza” ecologica da parte dell’uomo, attraverso un’efficace mitigazione dei conflitti, una corretta educazione alle regole della convivenza e del rispetto reciproci, e attraverso il mantenimento di un comportamento il più possibile elusivo e schivo da parte degli orsi.
5) L’orso è pericoloso? Che possibilità ho di incontrare un orso sulle Alpi e come mi devo comportare?
L’orso bruno tende di norma ad evitare gli incontri con l’uomo. Nonostante questo, pur essendo di indole schiva, come qualunque altro animale, può reagire per autodifesa o, soprattutto, per difendere i cuccioli. In tali situazioni, viste le sue grandi dimensioni, può diventare pericoloso per l’uomo. Nel caso di un incontro, evento assai raro sulle Alpi, è sufficiente “mantenere le distanze”: non avvicinarsi al plantigrado né ai suoi cuccioli, ma allontanarsi con cautela ritornando sui propri passi. Rimanere nelle vicinanze per osservarlo o scattare fotografie è un comportamento imprudente. Nel caso di un incontro ravvicinato, evento rarissimo che può verificarsi qualora l’orso sia colto di sorpresa, è opportuno evitare movimenti veloci o a scatti, perché questi potrebbero essere interpretati come segnali d’attacco. Meglio tornare sui propri passi, dimostrando di essere inoffensivi, lasciando all’orso una via di fuga “. Tutti i fruitori e gli abitanti dei parchi europei e americani, che ospitano orsi, sono tenuti ad osservare delle regole di comportamento che riducono al minimo i rischi di interazioni pericolose con gli orsi.
6) Come sta l’orso in Trentino? Il progetto di reintroduzione è stato un successo o un fallimento?
La popolazione di orsi delle Alpi Centrali, che ha il Trentino occidentale come area maggiormente frequentata, è oggi stimabile in più di 40 esemplari, a testimonianza del successo della reintroduzione, iniziata a partire dai 10 orsi reintrodotti dalla Slovenia tra il 1999 e il 2002. Parallelamente all’incremento numerico, la popolazione si sta espandendo nelle regioni e negli stati confinanti (Lombardia, Veneto e Alto Adige; Svizzera, Austria, Germania). Tuttavia, il rischio di scomparsa degli orsi non può dirsi scongiurato: il numero di esemplari ancora complessivamente esiguo, rende la popolazione fortemente vulnerabile, sia per la consanguineità tra gli individui, sia per la mortalità naturale o causata dall’uomo. In questo senso, destano grande preoccupazione i primi episodi di bracconaggio registrati in Trentino.
7) Qual è l’attuale situazione dell’orso sull’arco alpino e quale potrebbe essere la futura strategia vincente per il suo sviluppo e conservazione?
Gli orsi presenti sulle Alpi italiane fanno parte di un’unica metapopolazione alpina che gravita su 3 nazioni (Italia, Austria e Slovenia) e numerose regioni. Cos’è una “metapopolazione”? È una “popolazione di popolazioni”, cioè un insieme di popolazioni geograficamente separate ma in grado di interagire grazie a movimenti spontanei di immigrazione ed emigrazione di individui da e verso le singole popolazioni. La situazione dell’orso sulle Alpi rientra perfettamente in questa definizione e quindi va obbligatoriamente valutata su scala geografica vasta e non a livello di “popolazione amministrativa”, ossia basata sui nostri confini amministrativi e le diverse competenze tra enti.
Sull’arco alpino, ai circa 40 esemplari presenti tra Trentino e aree confinanti si aggiungono i 10-15 individui presenti nella zona di confine tra Friuli-Venezia Giulia, Austria e Slovenia, frutto dei movimenti esplorativi spontanei di esemplari provenienti dalla popolazione della Slovenia meridionale. Nonostante questa tendenza demografica sia positiva, il traguardo del ritorno definitivo della specie sulle Alpi è ancora lontano; il raggiungimento di tale obiettivo dipenderà dal grado di accettazione che l’uomo riserverà all’orso, in Trentino come anche nelle zone di nuova colonizzazione. E’ evidente come, a fronte dell’idoneità ambientale di vaste porzioni dell’arco alpino, la ricolonizzazione delle aree vocate alla specie dipenderà strettamente dallo sviluppo di una cultura di convivenza tra uomini e orsi, cui dovranno contribuire sia le amministrazioni pubbliche (per esempio attraverso interventi di sensibilizzazione e adeguate misure per la prevenzione e l’indennizzo dei danni), sia le associazioni di categoria interessate (collaborando per trovare una sintesi tra la tutela dell’orso e le legittime istanze dei loro associati), sia l’intera collettività.
8) Quando un orso viene giudicato dannoso? Quando pericoloso? È giusto catturare un orso dannoso o pericoloso?
La gestione dell’orso nelle Alpi centro-orientali è attuata sulla base di uno specifico piano d’azione, detto PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali). Sulla base di tale documento, un orso è giudicato dannoso quando “arreca ripetutamente danni materiali alle cose, per esempio con predazioni al bestiame o distruzione di apiari o infrastrutture, oppure quando “utilizza in modo ripetuto fonti di cibo legate alla presenza umana” (alimenti per il bestiame, rifiuti, frutta coltivata presso le case, etc.). Quindi un punto chiave della dannosità è il fatto che il danno da parte di un determinato esemplare deve avvenire più e più volte e non in modo occasionale. Un orso è invece giudicato pericoloso quando il suo comportamento è fonte di pericolo per l’uomo. Per sua natura l’orso è un animale molto schivo ed elusivo ed evita il contatto con noi umani; tuttavia alcuni esemplari si abituano alla nostra presenza, altri ancora in situazioni particolari attuano un comportamento che noi giudichiamo pericoloso ma che, dal punto di vista dell’orso, è soltanto istintivo. E’ il tipico caso della femmina con i piccoli o di un esemplare che sta consumando una preda: se avvicinati, distratti o sollecitati da noi, questi orsi possono attuare un comportamento per noi pericoloso.
Il PACOBACE prevede una scala di problematicità dei comportamenti dell’orso e una serie di azioni di risposta: “leggere e energiche”. Queste ultime contemplano la cattura dell’animale con rilascio allo scopo di spostamento, la cattura per trasferimento permanente in cattività e l’abbattimento. Esse sono previste, per esempio, quando un orso segue intenzionalmente delle persone o quando attacca senza essere provocato. Recentemente, la Provincia Autonoma di Trento ha allargato la possibilità di attuare azioni energiche anche agli orsi che provocano danni ripetuti al bestiame, qualora le misure di prevenzione o di dissuasione non siano attuabili o siano state inefficaci.
La rimozione di un orso (tramite cattura per detenzione definitiva o abbattimento) appare dunque una misura concordata, fin dalle prime fasi del progetto di reintroduzione, da parte di tutti gli enti e le amministrazioni coinvolti dalla gestione del plantigrado sulle Alpi. Quando essa debba essere messa in pratica dipende tuttavia da una serie di fattori legati al comportamento dell’orso – che devono essere ampiamente comprovati e condivisi – e al contesto sociale in cui esso si trova a vivere. Essa rimane in ogni caso l’extrema ratio, attuabile solo ed esclusivamente quando non esistono altre soluzioni perseguibili.
9) Qual è la conseguenza della rimozione di una femmina riproduttiva sul futuro della popolazione di orso del Trentino e delle Alpi?
Attualmente, si stima che le femmine riproduttive presenti in Trentino (e in tutte le Alpi Centrali) siano 13. In questo senso, la rimozione di una femmina riproduttiva, in età avanzata come era Daniza, non appare – in linea generale – sconsigliabile.
Tuttavia, più che il mero dato numerico, il problema risiede nel grado di inbreeding (o consanguineità) della popolazione delle Alpi Centrali. Essa deriva infatti da un esiguo numero di “fondatori”: 7 femmine (tra le quali Daniza) e 3 maschi traslocati dalla Slovenia circa 10 anni fa, che purtroppo non si sono tutti riprodotti in Trentino. Tutti i piccoli nati tra il 2002 e il 2013, ad esempio, sono figli di due soli padri e 6 delle 36 riproduzioni verificate mediante analisi genetiche, sono avvenute tra consanguinei. Appare dunque decisamente auspicabile che le amministrazioni competenti si adoperino per effettuare al più presto una analisi del livello di diversità genetica della popolazione. Solo tale indagine potrà fornire risposte sull’eventuale necessità di immettere altri esemplari per evitare problemi legati alla consanguineità.
10) Come posso informarmi sull’orso?
Altre domande e risposte sull’orso sul sito del Parco Naturale Adamello Brenta
Aggiornamenti sull’orso in Provincia di Trento
(PACOBACE) Piano d’Azione Interregionale per la Conservazione dell’orso sulle Alpi centro-orientali
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